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Anniversario della tragica scomparsa del grande Torino.

4 maggio 2004 - anniversario della tragica scomparsa del grande Torino.

Questa mattina, anniversario del tragico evento 4 maggio 1949, essendo un sacerdote francescano ho celebrato la Santa Messa per i campioni dei miei sogni di gioventù, giustamente campioni.
La tristezza occupa tutto il mio essere ricordandomi chi eravamo e come ci hanno fatto diventare. Io so tutto perciò dentro di me c'è tutto per poter dire certe cose.
Non sono tipo che mi lascio prendere dal rancore ma è necessario che i cannibali, le arpie, le iene che si sono intrufolate nel sacro recinto granata se ne
vadano al più presto perchè, al di là della giustizia umana che non sempre paga i meritevoli, c'è una giustizia divina che prima o poi cadrà come una montagna sulle spalle di chi offende i valori della vita, anche quelli sportivi.
Il Toro non finirà perchè è un valore vero piuttosto finiranno quelli che, ne abbiamo tanti di esempi, si sono, improvvisamente ed iniquamente arricchiti vendendo plastica e derivati.Potete capire cari amici,fratelli granata, che veleno c'è dentro di me. In questi ultimi anni, anche per alleviare il dolore dello scempio in atto, ho creato in questo paese tutto il movimento calcistico giovanile:pulcini, esordienti, giovanissimi, allievi vestendoli di granata dalla testa ai piedi, avendomi spesso regalato con le loro genuine prestazioni delle sensazioni incredibili, rivedendo in loro le varie gesta dei campioni morti a Superga tragicamente e che non nasceranno mai più perchè i valori di quei tempi erano sportivi, quelli di oggi sono originati, come dice il poeta latino, "DALL'AURI SACRA FAMES".Che schifo!!!!!

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La " Tarantella Montecalvese" ed i suoi equivoci

Montecalvo Irpino (AV) La tarantella napoletana nacque a Napoli ai primi del ‘700. A quel tempo le coppie si conoscevano tramite le famiglie. L'amore tra i giovani era platonico. Era molto difficile avere dei contatti, potevano solo guardarsi e sorridersi.I genitori accorgendosi delle simpatie reciproche tra i loro figli organizzavano delle festicciole che finivano sempre a tarallucci e vino (queste erano le loro possibilità!). Sul finire delle festicciole c’era sempre la tarantella. Anche perché in quell’epoca nelle famiglie non mancava mai un mandolino e un tamburello. In seguito un grande maestro napoletano Raffaele Donnarumma musicò la prima tarantella. E man mano venne figurata con vari quadri che mascheravano dietro il ballo momenti in cui era possibile di guardarsi negli occhi o in viso, sentire i primi contatti fisici dove dalla stretta della mano stessa, si poteva capire l'intensità dell'amore che stava per nascere, fino ad abbracciarsi in girotondo facendo capire che la loro felicità in seguito si poteva trasfomare in amore. 

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Montecalvo Irpino e il risorgimento nazionale.

Dopo la restaurazione borbonica  è  nel 1820 che nel meridione diventa corposo il sentimento di libertà politica  con i primi ferventi per l’unificazione della nostra nazione. Dopo l’esperienza di Napoli , che aveva vissuto una fiammata di libertà, ora sono le popolazioni irpine pronte a scuotersi e a muovere in armi al primo segnale favorevole. Il Re Ferdinando I, temporeggiava  nel prendere coscienza del volere del popolo , che richiedeva assolutamente una Costituzione democratica a tutela delle proprie libertà, e se da un lato la prometteva solennemente , dall’altro meditava un modo come ritornare al potere assoluto. L’occasione per compiere questo ennesimo atto criminale fu colto dal Re, nell'ottobre del  1820, quando allontandosi da Napoli,a Lubiana avanzò una formale richiesta di aiuto dell'esercito

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Trittico dell'Abbondanza

20 Agosto - 2004: Il poeta e scrittore montecalvese Angelo Siciliano dona alla chiesa la sua opera sulla "Madonna dell'Abbondanza"

Questo trittico di poesie alla Madonna dell’Abbondanza, statua seicentesca di casa Pirrotti, Mamma Bella, l’appellava San Pompilio Maria Pirrotti (Montecalvo 1710 – Campi Salentina 1766), nasce tra aprile e luglio del 2003.

Per un anno mi ero portato dentro lo stupore e un senso ispirativo, per quelle tre statue lignee, ritrovate dai restauratori il 16 marzo del 2001, murate in casa Pirrotti, le cui foto avevo potuto vedere per la prima volta a Pasqua e poi di nuovo a giugno del 2002.

Dei tre testi, uno è in lingua e due sono in dialetto irpino di metà Ottocento, che ho recuperato in questi anni con un meticoloso lavoro di ricerca e riappropriazione. È il dialetto parlato dai miei bisnonni, nati verso la metà dell’Ottocento, depurato delle parole americane dialettizzate dagli emigranti di ritorno dagli USA, verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Questa consapevolezza ho potuto acquisirla, grazie al contributo formidabile e fondamentale di mia madre, Mariantonia Del Vecchio, contadina nata nel 1922, depositaria di quella cultura e cantatrice di numerose melodie ottocentesche.

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Auschwitz nel racconto di Primo Levi

Ad Auschwitz, nome tedesco della città polacca Oświecim, in Galizia, ad ovest di Cracovia, le vittime furono quattro milioni.
Un numero spaventoso.
Sede di quattro campi di concentramento, costruiti nel 1940, dopo la fine della seconda guerra mondiale, il governo polacco vi ha allestito il Museo dei campi di sterminio.
Nell’introdurre il suo romanzo autobiografico Se questo è un uomo, in cui tratta della propria deportazione e di quella d’altri sventurati, Primo Levi così esordisce: “Per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944”.

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