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Gli ultimi abitanti del Trappeto

Il Trappeto perse la sua identità etnica, non tanto per l’emigrazione di molti suoi giovani, ma a causa del terremoto del 1962, che comportò la ricostruzione delle case delle famiglie che vi abitavano, in nuove e lontane aree edificabili indicate dall’amministrazione comunale.
Così, quell’abbandono, anche se case, grotte e cantine rimasero agibili per lungo tempo, ha determinato negli anni l’inizio di crolli sparsi di edifici, che fa paventare in tempi non lunghi la sua sparizione come agglomerato urbano.
Forse si salveranno i tracciati delle strade e resteranno qui e là cumuli di macerie, “li mmurrécini”, e le grotte, enormi cavità orbitali vuote invase da alberi e sterpaglie. Guardando gli altri paesi, non si capisce se a Montecalvo si sarebbero potute fare scelte diverse.
Ariano Irpino, dopo i terremoti, ha sempre dato la priorità al recupero degli edifici storici e poi anche alle case della parte vecchia della città.

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San Felice Martire Patrono di Montecalvo

Come recita il Martirologio, i Santi Felice e Adautto si ritengono essere stati martirizzati, il 30 Agosto,giorno che il Calendario Ecclesiastico dedica ai due fratelli decapitati, probabilmente nel 303 D.C., sotto l’impero di Diocleziano.( cfr Sagramentario di San Gregorio Magno).
San Felice è uno dei martiri più conosciuti e non è un caso che viene rappresentato col suo compagno (fratello) Adautto(aggiunto) in uno dei primissimi affreschi paleocristiani (Cimitero di Comodilla-Roma)  insieme all’Apostolo Pietro. 
La vicenda del suo martirio è leggibile in ogni manuale e/o enciclopedia,per la straordinarietà dei fatti e per la condizione di presbitero(prete)in un momento in cui la Chiesa Cristiana andava organizzandosi ed  espandendosi nell’Impero. 

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Presidio "Libera" nel nome di Giovan Battista Tedesco

È intitolato alla memoria di Giovanbattista Tedesco, il carabiniere vittima della sacra corona unita nel l’89, il presidio di “Libera”, inaugurato martedì sera alla presenza del figlio di Tedesco, Alessandro, che ha ringraziato per la scelta del nome del padre.
«Dare un nome significa dare un volto a queste persone che ci hanno lasciato; bisogna fondere la memoria con l’impegno e l’impegno con la memoria; l’io deve diventare noi - ha detto Alessandro Tedesco -.
Attribuire un nome significa dare quella dignità che viene calpestata col non ricordo. Non dimenticare significa impegnarsi.
Con le loro morti, le vittime, hanno cambiato il nostro Paese: a noi l’obbligo perché quelle morti non siano vane».

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Idea per la nascita di un “Museo degli antichi mestieri”

Il progressivo lento ed inesorabile spopolamento dei nostri paesi e la conseguente fuga in massa verso mete più allettanti ed industrialmente avanzate, l’introduzione di nuove tecnologie e di nuovi modelli di sviluppo hanno fatto sì che l’esistenza e  il tramandarsi  di arte e mestieri secolari, si sia interrotto e, di fatto, sia andato perduto ed eliminato dalla memoria collettiva nell’arco di qualche decennio.

Una grave perdita dal punto di vista antropologico ma anche dal punto di vista identitario della nostra storia e culturaIl progresso non può fermarsi ma la crescita culturale e una nuova generazione può di certo tentare il recupero di quello che è stata la umile condizione di vita dei nostri padri e del nostro paese.

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Nota in merito a “Cicatiéddru" di Angelo Siciliano

Nota in merito a “Cicatiéddru”, Termine dialettale sostituito da “Cicatiello”, scritto sull’arco effimero della sagra del 15 agosto 2014, allestito nella parte orientale di Corso Vittorio Emanuele a Montecalvo Irpino, e su altri documenti ufficiali.
Poiché ho ricevuto da qualche amico una richiesta precisa, esplicito la mia opinione a riguardo del dialetto montecalvese e del termine “cicatiéddru”, gnocchetto prodotto con tre dita di una mano femminile da una biscia di pasta, "cìngulu", sopra una tavola, "tavulìddru", su cui si è proceduto in precedenza a fare un impasto di farina di grano duro e acqua.
Chiaramente mi espongo anche in merito al comportamento discutibile adottato in passato, allo scopo di semplificare, abbellire, depauperare e in conclusione svilire l’autenticità del nostro dialetto.
A Montecalvo, in ossequio alla cultura e alla parlata della piccola borghesia locale, si cominciò a edulcorare il dialetto locale negli anni Sessanta del Novecento, presumendo che, complice la televisione, fosse meglio procedere verso l’italianizzazione della nostra parlata, senza rendersi conto che il dialetto e l’italiano avrebbero potuto convivere tranquillamente, viaggiando affiancati su binari separati.

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Il Feudo di Corsano

Grazie all’impegno e alla passione per la storia e la cultura del nostro paese di Franco D’Addona, fotografo in Montecalvo Irpino rivede la luce, ai più sconosciuta, l’opera di tale Gaetano Rettore che in una pubblicazione del 1915 tratta le vicende storiche ed un memoria descrittiva del “ Feudo di Corsano”, ora piccolo centro agricolo di indubbia importanza per il nostro comune. In questa pubblicazione, che potete acquistare presso lo studio fotografico di Franco D’Addona, in corso Vittorio Emanuele a Montecalvo Irpino, o tramite le pagine Facebook,troverete uno spaccato di com’era la vita e l’attività di questa contrada, fotografata con maestria dal Rettore. 
Un’analisi descrittiva e minuziosa della struttura del latifondo con tutte le notizie, tabelle e notizie dell’epoca.
Un buon lavoro ed una iniziativa interessante da non lasciarsi scappare da chi ama il nostro paese.
Un documento da tenere nelle nostre librerie ad imperitura memoria come traccia storica del nostro passato.

Un sentito grazie a Franco D’Addona che ha curato la ristampa di questa opera meritoria, per la memoria collettiva montecalvese.

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