'Ncoppa a li Fierri'
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- Pubblicato: Venerdì, 01 Marzo 2002 22:45
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'Ncoppa a li Fierri'
di Alfonso Caccese
A noi quarantenni di oggi, " li fierri" evocano ricordi di un passato, non troppo lontano ma ormai impresso nella nostra memoria con emozioni e tristezza. Ricordi certo di ragazzini "cianculusi" dediti ai giochi per strada, chiassosi ed indisponenti, ma conpartecipiti di una quotidianità globale che vedeva quella zona come scena unica e principale della Montecalvo prima del terremoto del 1962. Testimoni ,inconsapevoli e disincantati, di una storia d'altri tempi che scorreva e traspariva dallo sguardo di una anziana femmina , stretta nel proprio dolore o da una serie di schiene curve di vecchi contadini seduti con il " culo" sporto nel vuoto sui"ferri".
Immagini da c'era una volta, e adesso? La piazza di nessuno. Non ci sono più ragazzini "cianculosi" e chiassosi, non ci sono più le schiene curve dei contadini, non c'è più il ciarlare degli uomini intenti a commentare le disgrazie del giorno, rimangono loro " i Fierri" come monumento in memoria della vita.
Ai Montecalvesi e agli Irpini nel mondo
Montecalvo Irpino, tra Benevento e Avellino, è uno dei tanti paesi del sud dove la miseria, l'emigrazione, hanno consumato, quotidianamente , la forza e la voglia di fare. Ma tutto questo non ha impedito a Montecalvo di far ascoltare la propria voce. Come spesso succede, a chi è costretto ad abbandonare la propria terra, rimangono i suoni uditi e passati tra le mura domestiche,nella piazza del paese, nei campi. Suoni e rumori che rimangono intatti nella memoria, ritornando costantemente alla luce nei momenti in cui ognuno deve fare i conti con se stesso. Andare a ricomporre la memoria collettiva,riconquistare la lingua delle proprie origini significa infondere e dar coraggio, ma sopratutto riconsegnare, a chi l'aveva perduta, la sua giusta appartenenza ad una civiltà antica degna di rispetto pregna di atavica nobiltà. Queste poche pagine vogliono essere un contributo per chi è stato costretto a lasciare il paese d'origine e vivere una esistenza lacerato nei ricordi di un paese che oggi si affaccia al nuovo millennio. Di persone care e non più viste, anche io, indegno autore, ne ricordo molte. Eravamo in molti,ragazzini nati tra gli anni '50 e '60 a giocare "ncoppa la chiazza", una generazione nuova gioiosa che ha dovuto fare i conti con le vicende storiche di quegli anni. Vorrei chiamarvi uno ad uno, ma non so dove siete, ringraziamo questa nuova tecnologia che con discrezione offre una possibilità in più alla ricomposizione e ricostruzione di momenti di vita difficilmente cancellabili. Lo sforzo è grande ma questo impegno lo dobbiamo alle promesse di ragazzini dette in un momento dove tutto ci sembrava paradisiaco. Non c'è altro fine in queste pagine, tranne quello di ridare colore a delle immagini, ormai scolorite dal tempo.
TO OUR FELLOW COUNTRYMEN OF MONTECALVO
WHEREVER THEY LIVE IN THE WORLD
Our home town, Montecalvo Irpino – midway between Benevento and Avellino – is a typical little community in the South of Italy, where the endemic underdevelopment of the economy, and the emigration ensuing from it, have in the course of time enfeebled the inhabitants’ forces and willingness to accomplish anything relevant. But, however unfavourable these conditions, they have not deprived Montecalvo of the capability to express its voice.
As it often happens, anyone that has been forced to leave his or her homeland cherishes in the mind and in the heart the sounds and the voices that resounded through one’s home, in the town square or in the surrounding countryside. Sounds and voices that are preserved and come back without fail whenever one must square accounts with oneself.
If we succeed in resurrecting and giving form to our people’s founts of memory, and in regaining the pristine forms of our mother tongue, we’ll be able to encourage and, above all, to give back, to whom has lost it, his rightful place in an ancient civilisation, which is worthy of praise as a noble one from ancestral times.
By publishing these few pages we want somewhat to help our countrymen who have been forced to leave our homeland and are experiencing a life condition torn by nostalgic memories of their native town now entering the Third Millennium. As to dear persons not seen anymore, also I – the undeserving author of these lines – still do remember many of them. We were indeed many of us, young boys born during the 1950s and the 1960s, when we played “’ncoppa la chiazza” (in the upper town square). We were a new generation, a joyful one, which unfortunately was later confronted with profound difficulties considered of historic relevance now.
I would like to call everyone of you, but I don’t know where you are. I think we must be thankful for this new technological medium which enable us to reconstruct and recollect more easily moments of life which are unforgettable.
This is a formidable endeavour indeed, but we must pursue it in order to fulfil those promises we, as young boys, made to each other in a station of life we experienced as paradisiacal.
There is not any other goal we desire to attain by writing these pages