Giuseppe Cristino
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- Pubblicato: Domenica, 28 Aprile 2002 21:54
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EPIGRAFE PER GIUSEPPE CRISTINO
Tu lo sapevi come pochi Gli ideali grata mercede Nel cinquantenario del sacrificio dalla terra di Spagna ormai democrazia non ci tornano ceneri ma la tua coerenza morale da tempo chiede d’essere nostra. Angelo Siciliano - Montecalvo Irpino 20 Agosto 1991 |
I CRISTINO: UNA FAMIGLIA ANTIFASCISTA
Montecalvo ha dato i natali a due nobilissime figure dell’antifascismo irpino: Pietro Cristino e suo figlio Giuseppe. Nel corso della loro vita, lottando contro incomprensioni e persecuzioni, testimoniarono la loro fede incrollabile nella libertà e nella giustizia sociale.
Pietro Cristino nacque nel 1882. Di professione farmacista, fu consigliere comunale social riformista nel periodo 1920-23 e nel gennaio del 1923 passò al PSU. La sua farmacia divenne il luogo d’incontro degli antifascisti locali e dei paesi limitrofi. Le autorità fasciste disposero per Cristino un’attenta e continua vigilanza. Numerose furono anche le perquisizioni domiciliari che il farmacista di Montecalvo Irpino subì in quegli anni. Il 13 novembre 1926 fu per la prima volta tratto in arresto, subendo l’ammonizione poiché ritenuto “elemento pericoloso all’ordine nazionale”. Nel dopoguerra partecipò attivamente alla vita politica del suo paese, guidando, come sindaco socialista, la prima amministrazione municipale democratica. Si spense nel 1962. La parabola politica del farmacista di Montecalvo influenzò anche il figlio Giuseppe (entrambe le figure sono esaurientemente trattate in un interessante libro del professor Francesco Barra, edito nel 1979).
Nato il 17 maggio 1918, Giuseppe Cristino maturò nei confronti del regime un autentico sentimento di ribellione, che lo condusse, giovanissimo, all’espatrio clandestino dapprima in Francia e successivamente nelle file delle “Brigate Internazionali” impegnate nella guerra civile in Spagna a fianco dei repubblicani.
Giuseppe Cristino ottenne la maturità nel 1937 a Napoli, dove si era trasferito con la madre Michelina Capozzi, le sorelle Alba e Laura, il fratello Oreste e la domestica Giuditta Fioravanti, mentre il padre rimase a Montecalvo per gestire la farmacia. E nello stesso anno si iscrisse all’università.
L’espatrio all’estero, il desiderio che celava nella sua coscienza, divenne ben presto l’unica sua scelta. Erano gli anni del massimo consenso al regime di Mussolini e Cristino aveva maturato la convinzione di combattere il fascismo in campo aperto. Decise, quindi, di espatriare, prima in Francia e poi in Spagna per combattere nelle file dei repubblicani.
Tenendo all’oscuro la famiglia, il giovane Giuseppe nel 1938 partecipò ad una gita a Parigi, da dove non fece ritorno in patria. Nella capitale francese strinse contatti con gli esuli antifascisti italiani decidendo, poi, di arruolarsi nelle Brigate Internazionali.
Il 14 aprile partì per il confine spagnolo: giunto a Figueras, proseguì per Besalù, in Catalogna, dove rimase circa un mese in un campo d’istruzione militare. Ai primi di giugno fu accorpato alla Compagnia mitraglieri del secondo battaglione della “Brigata Garibaldi”, che si accingeva ad affrontare i franchisti sul fronte dell’Ebro, in una delle più cruenti battaglie a difesa della Repubblica spagnola. Cristino divenne il “commissario politico” della Compagnia, ma la sua milizia repubblicana stava tragicamente per concludersi.
La battaglia dell’Ebro durò dal 25 luglio al 16 novembre 1938. Il comando repubblicano, per arginare l’avanzata delle truppe franchiste verso Valencia, decise di attaccare nel settore dell’Ebro tra Mequinenza e Cherta. L’offensiva, su un fronte di circa 150 Km, provocò la ritirata dei nazionalisti del generale Franco, che dopo aver ricevuto i rinforzi passarono alla controffensiva sbaragliando le forze repubblicane, che perdettero circa 80.000 uomini, tra cui 30.000 prigionieri. E il 13 settembre 1938, durante la sanguinosa battaglia, il giovane Cristino, insieme con altri compagni di lotta, fu fatto prigioniero dalle forze fedeli al generale Franco.
(dal Corriere dell'Irpinia).
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