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Re aragonesi - Montecalvo nel quindicesimo secolo

Giovanna II d'Angiò-Durazzo, nota anche come Giovanna II di Napoli (Zara, 25 giugno 1371[1] – Napoli, 2 febbraio 1435), figlia del re Carlo III d'Angiò-Durazzo e della regina Margherita di Durazzo, succedette sul trono di Napoli al fratello Ladislao I, deceduto privo di eredi legittimi. Fu regina di Napoli, dalla morte del fratello, nel 1414, alla sua nel 1435.

Utilizzava formalmente anche i titoli di regina titolare d'Ungheria, di Gerusalemme, di Dalmazia, di Croazia, di Rama[2], di Serbia, di Galizia, di Lodomeria, di Cumania, di Bulgaria, nonché contessa di Provenza, di Forcalquier e di Piemonte.

Alla sua morte, priva di prole, si estinse la casata degli Angiò-Durazzo e definitivamente la dinastia degli Angioini. A succedere Giovanna II sul trono sarà Renato di Valois-Angiò con il nome di Renato I, fratello dell'erede designato dalla regina, Luigi III, che però morì prima di lei. Luigi III e suo fratello Renato erano membri della famiglia dei Valois-Angiò, che dal 1380 rivendicavano il trono di Napoli e si fregiavano, ma solo formalmente, del titolo di re di Napoli, in virtù del diritto ereditario che la regina Giovanna I d'Angiò aveva concesso a Luigi I di Valois-Angiò, prima di essere spodestata da Carlo III, padre di Giovanna II.

Venne la volta della regina Giovanna II sorella di Ladislao , entrambi lascivi e voluttuosi. La regina volendo rendere omaggio al famigerato F. Sforza, figlio del gran Contestabile , uomo apprezzato per virtù militari e civili, gli donò moltissime terre in queste nostre regioni, compresa la nostra terra, 1417 . Ma, il rinomato Sforza, avendo avversato i disegni di Alfonso d’Aragona ,per aver indotto la regina a ritirare l’adozione fatta in suo favore  e caldeggiata, al contrario, quella di Luigi d’ Angiò, egli perdeva le accennate possessioni, anno 1435.

Con Renato che fuggiva in Francia, finiva la dominazione angioina, ed era un capitolo finale e fatale che scriveva quest’ultimo re.

Col trionfo di Alfonso, si apriva una nuova èra della nostra storia , passando questi nostri paesi sotto il dominio aragonese. Non poteva mancare da parte del nuovo sovrano, dopo la vittoria sui nemici, fautori degli angioini, di riconoscere tutti quei guerrieri e gregari che avevano preso parte alla campagna vittoriosa  dando ai vincitori compensi territoriali. Alfonso, considerando i notevoli servizi resi da Inigo Guevara, O. Siniscalco, gli donava la Contea di Ariano la terra di Montecalvo e il marchesato di Vasto,come risulta da carte locali.

Per prima cosa Alfonso pensò all’ avvenire del reame, e valendosi di tutto il suo potere , desiderò legalizzare la filiazione : di Ferdinando, suo figlio bastardo, togliendogli la macchia della illegittimità, e facendolo proclamare da un generale e solenne consesso, erede del regno, dopo la sua morte.

Nel 1447, re Alfonso fu nominato Vicario nell’amministrazione e governo di Benevento, da papa Eugenio IV, ma a vita solamente.

Il 1456 fu un anno doloroso e tragico per Montecalvo e per molti paesi circonvicini - non esclusa Benevento e molti altri paesi della diocesi beneventana. Il 5 dicembre, alle ore 11 della notte avvenne uno spaventevole terremoto. Si hanno notizie esatte delle rovine causate da quel cataclisma nell’opera di S. Antonino, Arcivescovo di Firenze ,(Cronicon, parte III°).

Senza dubbio, la condizione di Montecalvo fu tristissima, poichè il paese restò in gran parte squassato, i cittadini superstiti terrorizzati e gettati nel più crudele dolore, per la perdita di tanti cari che perirono sotto le case abbattute. Secondo S. Antonino, pare che il numero dei morti sia stato di 800. In mancanza di osservatorio sismologico per valutare altri danni, ci contentiamo delle notizie suaccennate, poichè, sufficientemente, ci convincono che fu una vera calamità per il paese, ch’ ci furono scene di terrore e di sangue nel dissotterrare le povere vittime schiacciate sotto le macerie dell’ antiche case, e che quelli che sopravvissero dovettero riedificare il paese. Peggiore fu la sventura in vari altri paesi della terra beneventana. Ecco ciò che scrive il santo di cui sopra:

“Beneventana civitas notabilis ( ubi Metropolitanus dignissimus ) pro maiori   parte destructa est, et Ecclesia Cathedralis, ubi dicitur Corpus Apostoli Bartolomei quie scere, deflcientibus inde hominibus 350 ex ruinis. (Se guita a dire la Diocesi ) Civitas, quae dicitur la Palude, sive Castrum, usque ad fundaménta collapsa est, et quod magis dolenclum est 1033, oppressione ex Izac luce subtracfi. A’ilcfii nuncupatum in totwn deso latum, sublatis per mortein 1020 fzominibus. Quod dici tur Montecalvi pro maiori parte destructum, e medio 800 subtractis personis. etc. ,, (Salviamo qualche errore di calcolo).

Nel 1462 leggiamo la guerra dei nibbii e corvi avvenuta nel Covante, tra Apice e Benevento, descritta da G Pontano. I nibbii significavano gli angioini, con a capo il duca Giovanni d’Angiò, e i corvi erano interpretati gli aragonesi, con a capo re Ferdinando I°. La vittoria finale fu di questi ultimi.

 da "Pagine di storia civile" di P.Bernardino Santosuosso - Montecalvo Irpino 1913

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