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Il Trappeto

IL TRAPPETO

Veduta del Trappeto dopo il sismo del 1930

Foto archivio Palazzo Stiscia

Il complesso architettonico e urbanistico è da considerare un unicum,paragonabile ai più famosi Sassi di Matera solo per la disposizione a terrazze e alla conformazione,nel mentre son ben diverse le caratteristiche legate ai servizi comuni e alla convivenza delle genti,molto simile ad una società comunarda complessa,regolata da rigide regole di convivenza e di interdipendenza.

Trappeto è termine di derivazione greca e si rapporta alla lavorazione e trasformazione delle olive,termine ancor oggi usato correntemente dalla popolazione,insieme a Frantoio.

La presenza di numerosi frantoi oleari,del tipo a macina in pietra ,tirata da asini,delineò la toponomastica di una non vasta area,che col tempo ebbe ad aver una incidenza abitativa enorme e la nascita di un vero e proprio formicaio umano.

Se si pensa che in poco più 40.000 metri quadri,vivevano e convivevano almeno 2000 persone,con gli animali e le masserizie relative,ci si rende conto dell’indice abitativo elevatissimo.

La prima domanda è il perché la popolazione scelse di vivere in un formicaio,anziché espandersi in altre zone o ancor meglio abitare in campagna.

La risposta appare naturale in riferimento alla sicurezza e alla necessità di vivere il più vicino possibile a chi poteva difenderla (castello e palazzi )ma anche dalla necessità di trarre da questa prossimità il necessario per vivere,fornendo le braccia e la capacità trasformative(artigianato).

Il nucleo autentico “Trappeto” è quello ricompreso tra Via Sottocarmine e la Porta medioevale che Conduce a Chiassetto Caccese – zona Teatro.

Il Trappeto è quindi quel complesso di costruzioni scavate nel tufo e con muratura di facciata,stradine e ricoveri,che si affacciano a gradoni e per un dislivello di 200 metri da Corso Umberto I(già quartieri spagnoli )fino al limitare del Fosso Palumbo(depressione naturale con calanchi)insormontabile baluardo posto a sud-est.

Il Trappeto riceve la luce e il sole direttamente e per tutto l’arco della giornata,assicurando una temperatura mite e costante per tutto l’inverno e fresca durante l’estate,grazie al microclima frutto dell’interazione del tufo e dell’arenaria, che a contatto con l’aria(calda o fredda) diventano noti agenti naturali termoregolatori.

Le costruzioni più antiche sono quelle più in alto,sebbene vi siano testimonianze di utilizzo di grotte,anche a fini di culto cristiano, almeno dall’alto medioevo.

Le case hanno tutte un frontale in muratura in pietra e sono quasi tutte abbellite da portali scolpiti,con l’emblema o la rappresentazione tipica riconducibile ad una determinata famiglia,sia sotto l’aspetto del nome che del mestiere,in una sorta di simpatica ritualità a fregiarsi di uno “stemma personale“.

Del resto lo stesso soprannome,ben radicato nella tradizione montecalvese,a torto considerato dispregiativo,per la stragrande maggioranza dei montecalvesi riveste,nel rispetto della tradizione romana,carattere distintivo e identificativo,a testimonianza di una apertura mentale e di una visione avanzata del vivere civile,ben testimoniata dalla Vita in Trappeto.

Umili case,hanno,a volte,splendidi portali,come a nascondere la dignitosa povertà degli ambienti interni,cosi generalmente composti:

L’abitazione si svolgeva lungo un asse mediano  per alcuni metri, partendo dalla porta di ingresso,penetrando l’interno della collina,scavandone il tufo,ricavando anfratti e ripostigli e piccoli locali laterali,per le necessità di una famiglia numerosa,dove anche i figli erano considerati  ricchezza .

In un vano ricavato appena dopo l’ingresso,venivano custodite le poche galline,che da un foro della porta  potevano uscire ed entrare agevolmente per razzolare.

Subito dopo era posizionata la focagna(caminetto)con la funzione di cucina.

Di solito in corrispondenza del fuoco,sempre acceso, in un angolo della stanza era posizionato il letto dei genitori,ben alto da terra,per evitarne il potenziale uso di animali pericolosi(topi).Il letto era sempre ben sistemato e con ben in vista le lenzuola ricamate, e la coperta sistemata,in quel che era il salotto del tempo per ricevere le persone e che denotava la qualità e la bontà della padrona di casa come donna e come madre.

Proseguendo nel buio di questo lungo corridoio scavato nel tufo,si incontravano i letti dei maschi e le provviste(grano,olio,vino)mentre dalle pertiche sul caminetto(focagna) penzolavano il lardo e le carni essiccate.

In fondo al tunnel vivevano le bestie,di solito l’asino,vera ricchezza della famiglia.

Non disdegnando in qualche raro caso la presenza del maiale o delle pecore.

Le ragazze,invece,insieme alle cose più preziose e ai cibi più delicati,dormivano in una specie di soppalco in legno,posizionato quasi sempre sulla focagna,assicurando quel calore necessario che preservava le ragazze e il cibo dall’umidità,vero flagello  e fonte di ogni malattia.

Un complesso e ben disciplinato sistema di stillicidi in pietra,regolavano il flusso delle acque meteoriche,che venivano recuperate quasi totalmente per gli usi domestici e per la cura della persona e delle bestie,nel mentre l’acqua potabile veniva prelevata dalle numerosi sorgenti sparse sul territorio e portata a casa ,in serata, a dorso di asino e in appositi barili.

Senza trascurare il tipico fenomeno dell’acqua “ndrianella” acqua che si formava a polla in alcuni incavi del tufo e all’interno della casa,frutto della trasudazione dell’arenaria o quale regimentazione di acque meteoriche che filtrate e quindi potabili,venivano incanalate in questi piccoli/medi bacini naturali per le esigenze della famiglia.

Le cavità naturali e le grotte ricavate nel tufo,sono un vero spettacolo per i paleontologi,stante la copiosa presenza di fossili e di conchiglie,che ricordano quando la terra era completamente sommersa dal mare.

La posizione del complesso “Trappeto” ha una valenza antisismica,in quanto la prossimità al Fosso Palumbo,  smorza la intensità delle onde sismiche,specie con epicentro dal così detto Cratere (sismo 1980) nel mentre gli epicentri del versante Nord (Malvizza) terremoto del 1930 e 1962 hanno avuto conseguenze disastrose per le parti in muratura,considerato che il tufo scavato a volta e con perizia,ha mantenuto una buona resistenza e ha consentito la riabitabilità delle case con una certa velocità,trattandosi di rifare solo la muratura di facciata e piccoli interventi di comanutenzione.

L’aspetto più straordinario di questo complesso urbanistico è proprio legato ad una coesistenza laboriosa e produttiva come quella delle società più complesse e avanzate, api e formiche in natura o quella prevista da Carlo III di Borbone per i lavoratori della seta di San Leucio.

Sebbene non mancassero episodi conflittuali e esistenziali dovuti all’eccessiva presenza umana,non di meno il “Condominio Trappeto” funzionava alla perfezione,con una autoregolamentazione,non scritta, dei servizi e spazi comuni.

Esistevano dei veri e propri asili infantili di vicolo e i rapporti tra i vicini venivano cementati da matrimoni e da “comparizie” “ Vicinato parentato”.Nei giorni di festa e la domenica,si aveva l’abitudine di mangiare con le porte aperte,specie d’estate e non solo per il caldo ma per manifestare un mutuo intendimento di porsi ad ospitare i passanti per gli stretti vicoli,come un unico grande desco.

I princìpi cristiani erano a fondamento del vivere giornaliero e la campana scandiva i tempi della vita quotidiana ,come del resto tutti gli avvenimenti della vita(dalla nascita alla morte) che trovavano un loro rigido disciplinare non scritto negli atti e negli atteggiamenti di tutti i “Trappetari”.

Le attività artigianali si riconducevano alla trasformazione dei prodotti della terra e solo la presenza di pubblici forni,animava un piccolo mercato fondato più sul baratto che sulla vendita.

Le attività artigianali complesse,si svolgevano principalmente lungo il corso Umberto , le stradine di Via Santa Caterina e le stradine correlate.

In breve, Corso Umberto I segnava un innaturale spartiacque tra la classe contadina e la borghesia terriera e la piccola nobiltà,rappresentata dai Palazzi gentilizi,fino a raggiungere la sommità del Castello dei Duchi Pignatelli che rappresentava il culmine del benessere e del successo e che dalla vetta del Monte Calvo dominava l’intero villaggio.

Centinaia di storie,fatte di canti e di nenie,di drammi e di “cunti”, di lavoro e sofferenza,di forza e di orgoglio,di tenacia e fierezza,di passioni e di bellezza,incorniciano una realtà da recuperare ad ogni costo,forse il più antico esempio di vita laica in Comune,un sicuro riferimento per la riscoperta degli Usi civici ,fondamento della Democrazia Partecipata.

 

 

 

Montecalvo Irpino Agosto 2009

 

 

dott. Antonio Stiscia

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