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La carboneria e i moti del 1820 - Montecalvo e il risorgimento

Montecalvo Irpino e il risorgimento nazionale. ( carboneria e i moti del 1820 )

Dopo la restaurazione borbonica  è  nel 1820 che nel meridione diventa corposo il sentimento di libertà politica  con i primi ferventi per l’unificazione della nostra nazione.
Dopo l’esperienza di Napoli , che aveva vissuto una fiammata di libertà, ora sono le popolazioni irpine pronte a scuotersi e a muovere in armi al primo segnale favorevole.
Il Re Ferdinando I, temporeggiava  nel prendere coscienza del volere del popolo , che richiedeva assolutamente una Costituzione democratica a tutela delle proprie libertà, e se da un lato la prometteva solennemente , dall’altro meditava un modo come ritornare al potere assoluto.
L’occasione per compiere questo ennesimo atto

criminale fu colto dal Re, nell'ottobre del  1820, quando allontandosi da Napoli,a Lubiana avanzò una formale richiesta di aiuto dell'esercito austriaco volendo ristabilire così con la forza la restaurazione contravvenendo ai patti giurati nella Costituzione. I patrioti, avvisati per tempo, prepararono subito una valida difesa organizzandosi in contingenti militari armati. Dalla nostra provincia furono molti quelli che accorsero a formare queste bande armate. Montecalvo, contribuì con lo stesso fervore all’azione in favore della Costituzione desiderata, partecipando attivamente alla guerra contro gli austriaci e molti dei suoi concittadini erano presenti allo scontro armato a Rieti – Antrodoco e l’Aquila contro gli invasori, agli ordini del generale Guglielmo Pepe, a capo del moto costituzionale organizzato da ufficiali dell'esercito napoletano. Al comando dei reparti costituzionali, Pepe affrontò le truppe austriache mandate dal Congresso di Lubiana a restaurare la monarchia assoluta a Napoli. A Rieti le truppe liberali napoletane vennero sconfitte nel marzo del 1821 e Pepe dovette esulare e come conseguenza si ebbe la ricaduta delle nostre popolazioni nell’antica schiavitù Borbonica. A tutt’oggi conosciamo una quarantina di nomi di nostri conterranei partiti per quella spedizione.
A capo di essi ci fù  Bisogni  Diofebo , figlio di Carlo, nato a Corsano, capo della Carboneria montecalvese. Arrestato a causa dei moti del 1820 fu esiliato a Tunisi fino all’amnistia  del 1831. Ritornato a Montecalvo riprese a cospirare contro l’assolutismo monarchico fino a che, nuovamente arrestato, scontò 13 anni di carcere nella prigione di Montesarchio. Amico di Carlo Poerio, Stanislao Barracco e dell’Abate  Ciampa di Montefusco,ebbe, con l’altro montecalvese Nicola D’Attoli, farmacista sergente maggiore di truppa un’attiva corrispondenza con uomini politici del Nord Italia. Condannato a morte, si vide commutare la pena per l’interessamento del Cardinale Ruffo, dei cui beni era stato amministratore il padre Carlo. Stesso fervore e impegno anche da parte di Bisogni Diocleziano. Nato  a Corsano l’11 aprile 1792 studiò nel Seminario di Ariano dove prese i voti di Ordini minori. Abbandonata la vita religiosa, si laureò in giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Anch’egli, come Diofebo, fu tra i massimi esponenti  della Carboneria  meridionale. Alla vigilia dei moti del 1820 si trovava a Napoli ove ebbe contatti con i carbonari locale. Secondo la Polizia borbonica fu proprio lui a portare “i primi sentori  dell’agitazione carbonara nel beneventano”. Fu membro della “Stella del Sannio” di Benevento. Il 15 luglio 1820, in qualità di Procuratore nazionale del Governo provvisorio di Benevento firmò, con altri carbonari, la resa della guarnigione pontificia. Il 13 febbraio 1821, con altri tre prescelti, fu designato per trattare con il Parlamento napoletano l’unione del Ducato di Benevento al Regno di Napoli. Con l’inizio della reazione borbonica, fu perseguitato anche dalla polizia papale. Nell’agosto del 1822 si costitui e, dopo un breve esilio, ritornò in Benevento ove continuò la sua opposizione al Governo entrando nel gruppo dei “Liberali decisi” guidati da Gennaro Lopez, Nel 1847 riuscì a promuovere un’inchiesta sugli arbitrii, parzialità e favoritismi che la polizia perpetrava nel Ducato beneventano. Dopo la visita a Benevento effettuata da Papa Pio IX nel novembre del 1849, pubblicò una “Relazione sulla venuta e permanenza in Benevento della Santità di N.S. Pio IX felicemente regnante nei giorni 1 e 2 novembre 1849”. Magistrato, fu Giudice di Gran Corte Criminale. Morì in Benevento nel 1874; Si racconta che il sergente maggiore Nicola D'Attoli,capo di brigata, al rifiuto di partire per la guerra, fatto dal capitano D.Giuseppe Botticelli di Ariano, ordinò ai soldati montecalvesi di scaricargli contro i fucili, davanti al palazzo dei Peluso, il primo a sparargli fù il Lo Casale, e il D'Attoli si lamentò di non aver "apparata la decima vittima" con l'esclamazione " O tempora! O mores!.(*PBS pag.72).Così iniziano per montecalvo anni di feroci persecuzioni e decadimento del paese.

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