Cenni di storia antica su Montecalvo
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- Categoria: Storia
- Pubblicato: Lunedì, 14 Giugno 2010 00:00
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Trattando il documento citato di avvenimenti del 1252 e parlando già di Montefalcone che manda i suoi uomini, e rilevando dai registri della Cancelleria Angioina, (7) come vedremo, che nell'anno 1266 a Matteo di Letto fu da Carlo I restituita Montefalcone, e metà di Montecalvo, che aveva per concessione dell'Imperatore Federico II, è da supporsi che il castello fosse opera di questi. Monsfalconis servientes VII et alios homines cum zappis et aliisXVIII… "Carlo ai mastri giurati, ai balivi, e a tutti gli abitanti di Ariano, Montefusco, Paduli, Apice, Montecalvo, Zungoli, Casalbore, Flumeri con i rioni e casali di Cripta e di Ripalonga. Quando stabilimmo per vostra protezione e difesa che fosse riparato e rinforzato con nostri soldati e fanti il castello di Crepacorde, perché i Saraceni non potessero impossessarsi dei vostri beni o altrimenti ledervi, mandammo per la necessità 200 ausiliari ben muniti di armi ferrate e scudi ed elmi con dardi e lance e frecce e l'altro necessario alla guerra;
altri 50 con scure fatte a punte e pale e zappe larghe e ogni altro utensile necessario a scavare fossato a difesa del detto castello; e ugualmente pali di palizzate per la riparazione del luogo: viste le lettere nel giorno successivo alla ricezione della presente dovrete trasmettere notizie a Monte Calvo così che tutti quelli ivi radunati, al massimo la domenica 14 luglio possano venire alla suddetta località di Crepacorde dove troveranno la nostra milizia ivi stazionante in attesa di aiuti e di tutto l'altro suindicato: darete a ciascuno ausiliare tre agostali (moneta di Federico II) a mese per la paga di 1 mese: sappiate che se qualcuno di codesta località non avrà mandato validi ausiliari bene armati con pale ed il resto già specificato al predetto luogo e nel termine suindicato, per ciascuna unità mancante e per altro che sia di meno per numero, per qualità insufficiente, obbligheremo che siano pagate irremissibilmente per colpa della negligenza 4 Agostali: vogliamo anche che nel numero destro siano annoverati il castello di S. Severo e Monte Malo benché prima per dimenticanza non siano stati indicati. Affinché ciò avvenga al più presto abbiamo fatto distribuire a metà tra voi i serventi e gli altri indicati così come si chiarisce sotto, cioè: Arpino con 18 ausiliari e altri con pali appuntati; 35 uomini con l'altro necessario; 12 serventi e altri 30 con zappe e l'altro materiale suindicato; Ariano 30 serventi e altri 75 con zappe e altro.
PRIME DISPOSIZIONI DI FRANCESCO II e Maria Sofia giungono a Gaeta alle ore 6 del mattino del 7 settembre e alle ore 9 si sistemano nel palazzo reale. A Gaeta si sistemano anche il ministro di Russia, principe Volkonskij, il ministro dell'Austria e quelli di altri Paesi. Non appena sistemato, il Re nomina capo del nuovo governo il generale Casella; Ministro della marina il retroammiraglio Leopoldo del Re; Ministro delle Finanze il barone Salvatore Carbonelli; Ministro della Giustizia il duca di Lauria don Pietro Calà Ulloa. Comandante dell'Armata è nominato il generale Ritucci. è inviato un telegramma alle varie autorità del Regno con la comunicazione che la sede del Governo è in Gaeta. AVVENIMENTI IN NAPOLI A Montecalvo, i cittadini respingono un gruppo di garibaldini, provenienti da Greci e comandati da un certo De Conciliis. Il giorno successivo a Napoli è creato un governo con a capo Liborio Romano e con ministri: alla guerra il Cosenz, alla giustizia il Pisanelli, alla polizia l'Arditi, agli esteri il Crispi, ai lavori pubblici il marchese d'Afflitto, all'istruzione pubblica il Ciccone, alle finanze lo Scialoia (il quale ne approfitta subito per impossessarsi di 200.000 franchi). Al Banco di Napoli è nominato il Libertini che può disporre liberamente dei fondi depositati. Comandante militare della Piazza di Napoli è nominato il generale Ghio. Sindaco di Napoli diventa Andrea Colonna, principe di Stigliano. Segretario di Garibaldi diventò Agostino Bertani che, in pratica, dava ordini a Liborio Romano, il "servo di più padroni", sovrapponendosi ad ogni disposizione dei ministri. Anche Bertani approfitta della sua posizione per sottrarre per suo uso personale somme ingentissime dal Banco di Napoli, dalla Cassa di sconto e dalla Zecca. Nelle altre principali città e nei vari paesi dove è forte la componente liberalmassonica sono istituiti governi provvisori e disarmate le gendarmerie duosiciliane. Numerosi alti prelati abbandonano le diocesi, alcuni perché contrari al nuovo regime, altri perché costretti da manifestazioni ostili nei loro confronti. In quasi tutte le città e i villaggi si hanno manifestazioni popolari contrarie ai filogaribaldini. Chiamate dai "galantuomini, intervengono truppe garibaldine per reprimere le rivolte a Montemiletto, Montefusco e Pietradefusi, dove saccheggiano anche le casse comunali. Numerosi popolani sono legati mani e piedi e imprigionati dai garibaldini nelle carceri di Montefusco e di Avellino. Il generale Cataldo cede agli invasori i castelli della città. Il colonnello Girolamo de Liguoro, sbigottito da quella vergognosa resa, esce orgogliosamente dal Castel Nuovo a bandiere spiegate e tamburo battente con tutto il suo 9° di linea a passo cadenzato ed in perfetto ordine. Attraversa Piazza Carlo III e marcia in direzione di Capua, dove giunge indisturbato il 10. Seguono il suo esempio il 6° di linea uscendo dal Castel dell'Ovo e dal Carmine per raggiungere il Volturno. Il colonnello Perrone, invece, si eclissa, ma non le sue cinque compagnie, che, insieme alle truppe al comando del colonnello Di Marco, con armi e bagagli scendono marciando nella città e si avviano verso Capua, senza che nessuno osi far loro oltraggi. Di Marco, invitato a cedere il Castel S. Elmo, con la promessa di promozioni e altri benefici, rifiuta dicendo : "L'onore di un soldato non si compra". Il 13° battaglione cacciatori con uno stratagemma del generale Cataldo, complice il collaborazionista Golisani, è portato al quartiere Ferrantina per essere aggregato alle forze garibaldine, ma i soldati, resisi conto del tradimento, abbandonano la città per recarsi sul Volturno al comando del primo tenente Francesco de Fortis che s'incolonna con il 9° di linea. Il Reggimento di Marina, abbandonato dai suoi ufficiali, si sbanda, ma gli uomini si recano alla spicciolata verso Capua. Il maggiore Livrea rimane fedele al Re e si trincera nel forte di Baia. Dalla Nunziatella numerosissimi allievi accorrono verso Gaeta, dove dal Re sono nominati alfieri. L'ammiraglio Persano fa sbarcare a Napoli truppe piemontesi che occupano l'Arsenale. Intanto è in arrivo anche un reggimento di fanteria da Genova. Dal Ministero del Dipartimento della Guerra, istituito a Napoli dai collaborazionisti, è inviato un telegramma a tutte le Autorità del Regno: "… è volere del Gen. Dittatore, fra lo spazio di dieci giorni facciano atto di adesione al Governo di Vittorio Emanuele II, 1° re d'Italia, intendendosi in opposto dismessi e destituiti", ma una grande maggioranza di ufficiali e funzionari si rifiutano e abbandonano il servizio nei giorni successivi.
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