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Madonna del Rosario XIII sec.

L’iconografia bizantina, si trasforma in maniera evidente, quando dalla sua provenienza orientale entra progressivamente in contatto con gli ambienti religiosi in Italia. A causa della rinascita economica e spirituale, in occidente, a partire dal 1100 fino all’opera di Giotto si assiste, infatti, ad un processo di rielaborazione degli stilemi classici.La rielaborazione è talmente profonda che sarà l’impianto stesso delle chiese che subirà delle modifiche.  Dall’iconostasi e dall’abside centrati sul Cristo Pantocrator attorno cui ruotano le altre presenze, (la Madre di Dio e gli altri Santi, tipico del mondo orientale) si passerà ad una diversa disposizione.La figura del Cristo sarà assegnata entro lo schema del crocifisso, normalmente posta sopra l’altare principale, mentre la Madre di Dio sarà raffigurata con il bambino in braccio e normalmente attorniata da Santi locali, e presto anche dai committenti delle opere: solitamente queste figure della Madre di Dio saranno collocate sull’altare laterale, o in cappelle attigue l’altare centrale. Lo spostamento teologico è evidente ed esprime una diversa concezione dell’uomo e di Dio che cresce di pari passo con la spiritualità che matura in Italia in quel periodo, evidenziata dalla rinascita dopo l’anno mille e caratterizzata da un desiderio di vicinanza fra la vita quotidiana e i misteri della fede. Le figure ricevono quindi una “umanizzazione” se paragonate con le figure bizantine e anche i movimenti appaiono accennati. Il Cristo in croce, posto sopra l’altare suggerisce la ricapitolazione di tutto il mistero della salvezza,  ponendo l’accento sul mistero dell’incarnazione che parla il linguaggio di un  Dio appassionato per la vicenda terrena.

La Madre di Dio con il Bambino e i Santi assume con ancor maggiore evidenza il segno della vicinanza di Dio, che viene rappresentata con i contorni di una Madre che protegge e consola il fedele.  Il tentativo di rappresentare oggi il Cristo in croce e la Madonna si ricollega a questa congiuntura particolare in cui l’arte e la teologia bizantina si trasformano e inaugurano il movimento pittorico legato all’Italia del medioevo. Nel dettaglio il riferimento va ricercato nell’opera di Alberto Sozio, di Meliore, del Maestro dei crocefissi, e di Coppo da Marcovaldo che si collocano geograficamente fra la toscana e il ducato di Spoleto nel periodo che va dal 1100 al 1270. Le icone misurano 220 cm di altezza e sono costruite secondo i canoni tradizionale del medioevo: tavole di legno massiccio, con imprimitura di gesso e colla di coniglio. Gli sfondi sono in Oro zecchino fissato con la tecnica del Bolo armeno e lucidati con pietra d’agata. I colori sono pigmenti in polvere emulsionati con tuorlo d’uovo e vino.


                  La Madonna del rosario

 L’immagine riprende il leggendario modello della consegna del Rosario ai Santi  Domenico e Caterina (la più nota raffigurazione dell’episodio è probabilmente conosciuta ai più come “Madonna di Pompei”). La riproposizione nello stile medievale “italico-bizantino” prevede anzitutto il registro simbolico che prevale su quello figurativo, come si nota immediatamente osservando le dimensioni non omogenee che distinguono nettamente, la Madre di Dio e il bambino dalle figure dei santi. Infatti, le diverse dimensioni delle figure marcano la differenza di origine, e per sottolineare una realtà simbolica la rappresentazione figurativa si piega a questa esigenza. La Madre di Dio e il bambino siedono in trono alla corte celeste. I santi che appartengono come origine alla terra sono rappresentati con diverse dimensioni e inginocchiati. E’ una formula convenzionale della pittura simbolica marcare le  differenze attraverso diverse dimensioni, caratteristica diffusa nella pittura medioevale. Il trono riprende la simbologia del Rosario, nei tre ordini infatti sono rappresentate rispettivamente:

1)      Le corone per i misteri della Gloria, ad indicare Maria regina degli apostoli

2)      Le croci per i misteri del dolore

3)      Le stelle per i misteri della gioia, ad indicare il segno della stella cometa che indica la natività

L’aureola è contornata, attraverso una fine bulinatura, dalla simbologia dell’albero della vita, che richiama il paragone fra Eva e Maria: la sottolineatura è quella tradizionale: come a causa di una donna che voleva impadronirsi della vita venne il peccato, così per la disponibilità di Maria ad accogliere la vita nell’annunciazione, la Grazia raggiunse tutti gli uomini.Le figure della Madre di Dio e del bambino indossano abiti trasfigurati dalla luce,  indicano la vicinanza con i modelli orientali attraverso la peculiare concezione della luce. Le figure infatti che appartengono già alla sfera celeste, non ricevono la luce dal sole, ma, piuttosto la ricevono internamente a causa della sovrabbondante presenza di Dio e quindi la diffondono verso l’esterno. Sono numerosi i passi biblici che cercano di comunicare questa idea: L’episodio della trasfigurazione, oppure la descrzione del volto di Mosè quando scende dal Sinai con le tavole della legge, o nel libro dell’Apocalisse (1,16) quando si dice del Figlio dell’uomo che “il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza”. Da sempre, il segno convenzionale di questo particolare concetto viene espresso con la lumeggiatura dorata. I volti e le posture esprimono ieraticità e nello stesso tempo vicinanza e condiscendenza. Le figure dei santi (Domenico e Caterina) [1]assumono una torsione singolare. Infatti tendono ad esprimere una triplice situazione: da una parte essi sono inginocchiati in preghiera e si rivolgono alla madre di Dio implorando protezione e aiuto, dall’altra parte sono anche rivolti verso il fedele che si rivolge a loro per implorare attraverso la loro intercessione aiuto alla Madre di Dio, nello stesso tempo sono compresi nell’estasi spirituale del momento particolare in cui ricevono il segno del Rosario da affidare al popolo. La complessa e non immediatamente leggibile positura si deve all’insieme di questi atteggiamenti. 

Le iscrizioni sono di derivazione bizantina per la Madre di Dio e il bambino, mentre sono latine per Domenico e Caterina, a sottolineare la provenienza occidentale.

[1] San Domenico di Guzman  Nasce nel 1170 in Spagna  Durante un viaggio si rende conto che nessuno annuncia più il Vangelo e che molta gente ascolta la predicazione dei 'catari' che nasconde la misericordia di Dio anziché manifestarla. Domenico fonda una piccola comunità di suore di vita contemplativa e attorno a lui si riunisce un gruppo di amici. Da questo primo nucleo nasce nel 1216 con l'approvazione della Chiesa l'Ordine dei frati Predicatori (chiamati comunemente Domenicani). Domenico li invia nelle città universitarie a studiare e quindi a "predicare e camminare" come recita il suo motto. Tra il 1220 e il 1221 rappresentanti di tutte le comunità domenicane si riuniscono e si danno delle norme. Il 6 agosto 1221 debilitato nel fisico e dalle fatiche Domenico muore a Bologna, dove per suo desiderio viene seppellito. Tredici anni dopo la beata morte fu canonizzato a Rieti da Papa Gregorio IX, il quale pronunziò queste celebri parole: "Dubito tanto della santità di Domenico quanto di quella degli apostoli Pietro e Paolo".

Santa Caterina da Siena nasce nel 1347. Un giorno mentre tornava da far visita alla sorella, Caterina ebbe la sua prima visione; vide sospeso in aria sopra il tetto della basilica di San Domenico il Signore seduto un bellissimo trono, vestito con abiti pontificali insieme ai santi Pietro, Paolo e Giovanni. All'età di diciannove anni diventa monaca.
 Combatté contro la corruzione della Chiesa, nel XIV secolo il Seggio papale era in esilio ad Avignone e la Chiesa attraversava uno dei periodi più oscuri della sua storia. Caterina interpreta la carità cristiana in modo operativo e concreto. Durante l'epidemia di peste del 1374, munita di una boccetta di aromi, di un bastone per sorreggersi e di una lanterna, si recava all'ospedale e nelle case insieme ai suoi discepoli alleviando le sofferenze dei malati con i pochi mezzi allora a disposizione. Questo suo ruolo di assistente ai malati ha fatto sì che oggi, alle soglie del Terzo Millennio dell'era cristiana, sia stata paragonata ad una grande figura del nostro secolo, Madre Teresa di Calcutta.
Caterina morì a Roma il 29 aprile del 1380; il suo corpo riposa sotto l'altare maggiore della chiesa di Santa Maria sopra Minerva, la testa invece è a Siena. Caterina venne canonizzata il 29 giugno 1461 dal Papa senese Pio II. L'9 marzo 1866 Pio IX l'ha dichiarata compatrona di Roma. Il 18 giugno 1939 Pio XII la proclama Patrona d'Italia insieme con San Francesco d'Assisi.

*dipinto di Giovanni Raffa e Don Gianluca Busi - Prato -
 

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