Trittico dell'Abbondanza
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- Categoria: Cultura
- Pubblicato: Martedì, 20 Aprile 2004 20:53
- Scritto da Angelo Siciliano
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20 Agosto - 2004: Il poeta e scrittore montecalvese Angelo Siciliano dona alla chiesa la sua opera sulla "Madonna dell'Abbondanza"
Questo trittico di poesie alla Madonna dell’Abbondanza, statua seicentesca di casa Pirrotti, Mamma Bella, l’appellava San Pompilio Maria Pirrotti (Montecalvo 1710 – Campi Salentina 1766), nasce tra aprile e luglio del 2003.
Per un anno mi ero portato dentro lo stupore e un senso ispirativo, per quelle tre statue lignee, ritrovate dai restauratori il 16 marzo del 2001, murate in casa Pirrotti, le cui foto avevo potuto vedere per la prima volta a Pasqua e poi di nuovo a giugno del 2002.
Dei tre testi, uno è in lingua e due sono in dialetto irpino di metà Ottocento, che ho recuperato in questi anni con un meticoloso lavoro di ricerca e riappropriazione. È il dialetto parlato dai miei bisnonni, nati verso la metà dell’Ottocento, depurato delle parole americane dialettizzate dagli emigranti di ritorno dagli USA, verso la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Questa consapevolezza ho potuto acquisirla, grazie al contributo formidabile e fondamentale di mia madre, Mariantonia Del Vecchio, contadina nata nel 1922, depositaria di quella cultura e cantatrice di numerose melodie ottocentesche.
Per ragionamento induttivo mi assumo la responsabilità di dire, dato che nei secoli passati le cose evolvevano e mutavano molto lentamente, rispetto ai tempi nostri, che probabilmente il dialetto irpino dell’Ottocento non doveva discostarsi di molto da quello del secolo precedente, il Settecento, appunto il secolo di San Pompilio.
Accompagnavo e completavo la scrittura dei versi con l’esecuzione di alcuni disegni della Madonna dell’Abbondanza e in seguito anche di S. Lorenzo e S. Pompilio.
Poi recuperavo un dipinto ad olio con San Pompilio, da me eseguito quand’ero ventenne. Due mie tempere della stessa epoca, sempre con l’immagine del santo, dopo essere state esposte per alcuni anni nella sua casa natale, mi è stato assicurato che sono conservate ora presso il reliquiario.
Nelle parrocchie montecalvesi di San Bartolomeo, San Nicola e nel convento di Sant’Antonio da Padova vi passai parte della mia gioventù, assieme a diversi coetanei.
La cappella di San Pompilio, con gli annessi asilo infantile e casa Pirrotti, competeva alla parrocchia di San Bartolomeo.
Eravamo nomadi noi giovani. Nel senso che ci si spostava con facilità, laddove si percepiva che vi fossero più fermenti e vita, e si potesse meglio crescere culturalmente e spiritualmente.
Della Collegiata, la splendida chiesa di Santa Maria a tre navate, ricordo l’impressionante spettacolarità teatrale della celebrazione del Venerdì Santo, che si concludeva con una mesta processione per il paese, con il Cristo morto, deposto dalla croce, e i tristi canti religiosi.
Ricordo don Carlo Lombardi, austero parroco di San Bartolomeo, poi miseramente massacrato da alcuni tossicodipendenti a Benevento, dove si era trasferito nella sua nuova sede parrocchiale.
Don Adriano De Lillo, parroco di San Nicola, ora ad Avellino, e padre Eugenio D’Agostino, dei frati minori, che, dismesso il saio, è parroco a Montella, li rammento come coloro che meglio sapevano comunicare e aprire il proprio cuore a noi giovani, illusi di poter cogliere il mondo con una mano. Quante conversazioni, quanti dubbi e interrogativi! Ma in noi si andava consolidando lentamente una convinzione: impegnandoci e appassionandoci a fondo a ciò che più ci stava a cuore, qualcosa saremmo riusciti a costruirla.
E infine un gradito ricordo corre a Rosario Cavalletti (do’ Rrusàriju), figura squisita e cortese, e a Giuseppe Lo Casale, appassionati registi teatrali che, negli ospitali spazi parrocchiali, dirigevano, con certosina pazienza, noi presuntuosi attori in erba nella recita di alcune commedie napoletane.
Montecalvo, Pasqua 2004 Angelo Siciliano