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I remember - Memoriale Pasquale Pappano

Antonio Pappano, music director della Royal Opera House del Covent Garden di Londra e direttore musicale dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, ricorda ogni anno suo padre.
La manifestazione, organizzata dall’Associazione Pro Musica e dal Comune, in collaborazione con il Conservatorio di Benevento, prevede concerti ed esibizioni di noti artisti.
Quest'anno, alle ore 21.00, Sir Antonio Pappano sarà nominato “Direttore Onorario” del Conservatorio sannita e dirigerà l’Orchestra Sinfonica del Conservatorio “Nicola Sala” Benevento.
Proporrà, alla guida della compagine orchestrale del Conservatorio, l’ouverture in do min. op. 62 dal "Coriolano" di Beethoven, la Carmen Suite di Bizet e il Bolero di Ravel.
Assistente al Direttore d’orchestra sarà il M° Francesco Ivan Ciampa.  
Info: 348 3892354 – 348 1696996 -

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Sir Anthony o Tony, Antonio, Pappano, direttore d’orchestra di fama internazionale ha origini montecalvesi. Direttore musicale della Royal Opera House del Covent Garden a Londra, a Roma dirige l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Sua madre, Maria Carmela Scinto, che vive negli USA, ha visitato Montecalvo Irpino, paese del suocero Antonio Pappano, che emigrò a Castelfranco in Miscano (Bn) agli inizi del ‘900. Di Mario Aucelli

Di Sir Antonio Pappano, notissimo personaggio internazionale di origini montecalvesi, fino a qualche anno fa in paese non se ne conosceva la “provenienza”, né l’esistenza.

Nato a Epping, Contea inglese dell’Essex, il 30 dicembre 1959, figlio di Pasquale (nato il 17 maggio 1934) e di Maria Carmela Scinto (nata a Castelfranco in Miscano il 5 gennaio 1934). Sposato con la pianista Pamela Bullock, un giornale titolò: “Antonio Pappano e Pamela Bullock, due cuori, uno spartito.

I genitori, da Castelfranco in Miscano (Bn), si trasferirono a Londra per lavoro: la madre faceva la cuoca, il padre il cuoco e il cameriere per guadagnare i soldi per studiare canto. Pasquale Pappano era dotato di bella voce e, per poter studiare, lasciò, con la famiglia, il piccolo paese sannita del Fortore e si trasferì in Inghilterra dove realizzò il suo sogno sotto la guida del maestro Ettore Campogalliani (insegnante anche di Luciano Pavarotti e di Mirella Freni). La signora Maria Carmela, nell’incontro avuto a Montecalvo a casa mia (di cui di seguito riferirò), disse che per mettere da parte i soldi per gli studi del marito aveva fatto tanti mestieri: lavato pavimenti e piatti nei ristoranti, cameriera, cuoca, segretaria. Nel 1983 la famiglia Pappano si trasferì negli USA, a Bridgeport, la città più popolosa del Connecticut, nella parte più occidentale della contea di Fairfield, considerata parte metropolitana della città di New York. A Bridgeport Pasquale Pappano, dopo aver conseguito il diploma di insegnante di canto, aprì una scuola: la “Pappano Studiosprivate voice instruction”. Sul biglietto da visita che la pubblicizzava, passatomi dalla signora Maria Carmela, si legge: “Pasquale Pappano, opera, bel canto, Semi‐classical, Popular. Anthony Pappano, pianist, accompanist vocal coach” (tutto ciò, prima che Tony diventasse il direttore di fama internazionale che è oggi).

In America, Antonio, “musicista naturale” e che prende il “via” dal “cuore”, studiò privatamente con la pianista Norma Verrilli. La notissima “bacchetta” si è “fatto” da solo, non ha mai frequentato un Conservatorio di musica. Dal mese di ottobre 2005 il Maestro Pappano dirige a Roma l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, di cui, dal 16 aprile 2007, è “Accademico effettivo”.

Nelle vene di Sir Anthony scorre, quindi, parecchio sangue montecalvese. Il nonno e il padre erano di Montecalvo, emigrati a Castelfranco agli inizi del 1900 a coltivare terre spezzettate dai latifondi o acquistate in quel periodo. Ho rintracciato nei registri anagrafici montecalvesi un Pasquale Pappano che aveva un figlio che si chiamava Antonio, quest’ultimo padre, a sua volta, di Pasquale, genitore del Maestro. Altra nota famiglia che da Montecalvo emigrò verso Castelfranco a condurre “masserie”, ivi acquistate, fu quella dei Marra. L’ultimo “emigrato” verso le terre castelfranchesi, nel 1930, fu Acrisio Marra. Le “radici montecalvesi” di Sir Tony sono state confermate a Roma, qualche anno fa, dallo stesso Maestro ad una nostra concittadina, la dottoressa Maria Letizia Lazazzera Caccese, in occasione di un incontro, nel dopo concerto all’Accademia di Santa Cecilia. La mamma del Maestro, nel corso del nostro incontro montecalvese, mi chiese notizie sulla dottoressa Caccese. Il figlio la ricordava con simpatia e, tramite la madre, voleva sapere chi era la “signora di Montecalvo che non mancava mai ai suoi concerti romani e che, sempre, dopo l’esibizione, lo andava a salutare e si congratulava per l’ottima direzione”. Arcano svelato. Altre conferme della “montecalvesità” dell’illustre personaggio (con la mediazione della signora Antonia Pappano Capozzi, titolare della boutique di via Roma di Montecalvo) mi sono venute da anziani “parenti”, che sono ancora in vita e che ricordano l’emigrazione dei progenitori del Maestro a Castelfranco. Ho parlato con Pompilia Pappano (92 anni), Angela Pappano (di 90 anni, vive a Torino, in vacanza a Montecalvo quando l’ho avvicinata), Giovanna Pappano (87 anni) e Donato Pappano (di 80 anni, vive in Francia ma ogni anno ritorna dai parenti a Montecalvo). Tutti mi hanno confermato il “trasferimento” nella vicina cittadina del Fortore dei loro parenti, da cui discende il Direttore d’orchestra e pianista eccelso. La signora Pompilia Pappano, la più anziana, da me sollecitata, ha risposto alle mie domande in stretto e, ai più, incomprensibile dialetto arcaico montecalvese (l’ho trascritto e poi Angelo Siciliano ne ha cortesemente revisionato l’ortografia fonetica): “Cèrtu ca m’arricòrdu di zìjimu e di fràtimu cucìnu, ca si ni jiérnu fóri terra a Castieddrufràncu, a fa li uarzùni e a zappà la terra. Mo’ m’hannu dittu e sacciu puru ca nu figliu di unu di quiddri parienti éj’arrivintàtu na pirzóna ‘mpurtant e lu canùsciunu pi ttuttu lu munnu. So’ cuntenta pi ìddru!” (traduzione: Certo che ricordo di un mio zio e di un mio cugino che si trasferirono “fuori terra”, fuori dei confini del territorio di Montecalvo, a Castelfranco in Miscano per fare i garzoni nelle masserie e zappare la terra. Mi hanno anche riferito e so che uno dei figli di quei miei parenti è diventato un personaggio importante e lo conoscono in tutto il mondo. Sono contenta per lui!). Consultando gli archivi anagrafici montecalvesi ho scoperto che, una grossa parte di ascendenza con la famiglia originaria di Sir Tony Pappano, la vanta anche il montecalvese Comm. Dr. Antonio Di Florio, già Provveditore agli Studi si Firenze e, poi, Sovrintendente scolastico regionale della Toscana. La sua nonna materna, Concetta Pappano, morta nel 1944 (coniugata con Carlo Bellaroba) era sorella dell’ ”emigrante”, che generò Pasquale, padre del Maestro. La mamma del “virtuoso della bacchetta”, Maria Carmela Scinto, la sera di domenica 12 agosto 2012, a Castelfranco in Miscano, fu da me avvicinata (deus ex machina la preziosa e determinata cara amica Maria Letizia). Era presente all’incontro la nuora, la pianista Lady Pamela Pappano Bullock, (lady, per nomina della Regina Elisabetta d’Inghilterra). In un primo momento avevo “chiamato” in questa scheda la moglie del Maestro “Signora”. La suocera, nel nostro incontro montecalvese, sottolineò che le competeva il titolo di lady Pappano. A Castelfranco la pianista rispose, in perfetto italiano, alle mie domande e si congratulò per l’interessamento. Maria Carmela Scinto, appena venuta a conoscenza della mia provenienza da Montecalvo, entusiasticamente esclamò: “Il paese di mio suocero”. Mi chiese pure se i superstiti dei Pappano di Montecalvo erano presenti al concerto, che quella sera il figlio teneva nel paese sannita in memoria del padre.

Avrei voluto, quel tardo pomeriggio, incontrare il direttore d’orchestra e farmi rilasciare l’autografo da inserire in queste pagine: non mi fu possibile superare il muro umano messo a protezione del maestro. Consegnai alla madre la bozza di questa scheda, anche se, quella sera, non aggiornata. La gentile disponibile signora mi assicurò che l’avrebbe data al figlio. Sir Tony, lettala, restò entusiasta del “ricordo documentato delle sue radici montecalvesi“ e pregò la madre di venirmi a ringraziare a Montecalvo. Infatti, dopo qualche telefonata, e gli opportuni appuntamenti, sabato 18 agosto 2012, fui onorato di riceverla a casa mia. Accompagnavano l’illustre ospite il nipote, dott. Michele Del Vecchio e il consigliere provinciale di Montecalvo, amico di Del Vecchio, avv. Giuseppe Stiscia. Avemmo, con i graditi ospiti, nel mio studio, una lunga conversazione. La signora Pappano mi precisò alcune imperfezioni riportate nella scheda che le avevo dato in visione. L’accompagnai, poi, da alcuni “parenti” montecalvesi ancora in vita. A Via Roma, nella casa di Antonia Pappano (discendente del marito della signora Scinto), ci fu un momento di alta commozione con baci e abbracci. A Montecalvo, alla contrada S. Felice, oltre a quelli già citati, vivono altri parenti diretti dell’illustre direttore e concertista.Precisamente: Luigi Pappano e Angelo Maria Pappano. Va detto che il cognome Pappano ed il nome Antonio sono molto comuni nel territorio montecalvese. Ritorno alla visita a Montecalvo della signora Maria Carmela. Dopo il primo “impatto” pretese che il nostro incontro fosse “molto familiare”, perché con me e gli amici che l’accompagnavano aveva – disse – riscoperto le radici. Dopo i convenevoli di rito, volle, data la giornata afosa, che continuassimo il nostro dialogo nel giardino della mia casa “nella tranquillità del luogo lontano dal frenetico traffico cittadino, all’ombra degli alti cedri e al fresco del bel gazebo nascosto negli alberi (bontà sua), ascoltando il frinire delle cicale che ricordano la mia infanzia al paesello natio e, perché no?, circondata dall’affetto del caro nipote e dalla cortesia dell’avv. Stiscia, nonché dalla disponibilità di chi mi ha voluto ospite” (così disse). Volle pure farsi fotografare in nostra compagnia a ricordo della “riscoperta” del paese d’origine della famiglia.Nel pomeriggio, dopo il pranzo, con gli amici che l’avevano portata a Montecalvo, andammo a visitare il paese. Si soffermò, nella quattrocentesca Chiesa Madre del Monte, a pregare ai piedi del simulacro di “Mamma Bella dell’Abbondanza”, l’intrigante e misteriosa statua che ha nell’occhio destro l’immagine tridimensionale di un teschio “inspiegabilmente formatosi e che la scienza definisce non riconducibile ad opera umana”. L’arcivescovo Serafino Sprovieri, il 24 marzo 2002, in occasione dell’inaugurazione del restauro della settecentesca statua ritrovata negli scantinati di Palazzo Pirrotti, casa natale di San Pompilio, definì “un mistero inquietante ed esaltante” la preziosa Madonna posta nella Cappella Carafa nell’ex Collegiata di Santa Maria Assunta in Cielo. La signora Scinto volle farsi riprendere fotograficamente a ricordo della scoperta della “Misteriosa Madonna montecalvese”. Visitò, poi, il vicino castello dei Pignatelli dove si fece riprendere appoggiata alla campana che ora giace nel cortile del maniero. Volle conoscere il motivo dell’abbandono dell’antico bronzo. Conosciutolo, restò sorpresa. La cagione la spiego anche a chi mi legge: dopo il terremoto del 1980, fu redatto il progetto di recupero e restauro del tempio del Monte. Chi stese gli elaborati tecnici dimenticò di prevedere la realizzazione del nuovo campanile (il vecchio, intanto, era stato demolito a causa della frenesia di distruggere con le ruspe il “preesistente” che invase le “ditte” del post sisma 1980). 

 

La signora Scinto dinanzi alla Chiesa di Santa Maria. 

Maria Carmela Scinto a Montecalvo nel giardino di Mario Aucelli.

La  signora Pappano omaggia Mamma Bella.

Quando, in sede di realizzazione dei lavori, ci si accorse della dimenticanza, il danno era fatto e non si poteva riparare. Il Ministero competente aveva stanziato solo i fondi previsti nel computo metrico. Oggi il bel complesso religioso, tanto caro a Francesco Sforza, futuro duca di Milano, che lo frequentava quando, intorno al 1450, fu “Signore” di Montecalvo, è mutilo di una parte importante: l’alto campanile, appunto, dove prima risuonavano i rintocchi delle campane e non solo. Trovandosi la chiesa nella parte più alta del paese, la torre campanaria ne costituiva e completava il panorama ed era il punto di riferimento per tutti. I rintocchi delle ore scandite dall’orologio a campane che lo sovrastava, quando la meridiana era privilegio di pochi eletti, regolavano il tempo del contado. Successivamente, sempre nel centro storico, ci spostammo alla casa natale di San Pompilio e al “Museo della Religiosità Montecalvese e della Memoria Pompiliana”. Nella chiesa del Santo degli Scolopi, la Scinto scrisse una commovente “supplica” che depositò nell’apposito contenitore.

Dopo aver gironzolato per Montecalvo, ci fermammo per un breve break ai tavolini del bar di Shcòcco. Proseguimmo poi per una fugace visita alla pineta comunale, oggi venutasi a trovare in pieno centro cittadino, trasformata in attrezzato parco pubblico.

Nel corso di questa “deviazione”, restò sorpresa della realizzazione da parte dell’Amministrazione comunale, della “Casa dell’acqua”, inaugurata il 12 agosto 2012, dove è possibile, con una speciale carta magnetica distribuita in comune, prelevare acqua potabilizzata, liscia o gasata, e fresca di frigorifero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La signora Pappano con il nipote dott. Michele Del Vecchio appoggiata  alla vecchia campana di Santa Maria.

 

 

 

 

 

 

 

Da destra: la signora Maria Carmela, l’avvocato Giuseppe Stiscia e il dott.Michele del Vecchio nel bar di “Schòcco”.

Nella cappella dell’Oasi gli ospiti in compagnia di padre Franco Pepe

L’ultima tappa fu all’Oasi Maria Immacolata. Qui l’ospite americana restò affascinata dall’imponenza della struttura. Chieste informazioni al direttore, Padre Franco Pepe, dichiarò che avrebbe suggerito al figlio, per i concerti futuri a Castelfranco, di scegliere l’ospitale casa montecalvese per la sosta degli orchestrali considerata la breve distanza che intercorre tra il paese irpino e quello del Fortore. Nella cappella privata dell’Oasi, ai piedi della maestosa statua in ceramica dell’Immacolata, opera dello scomparso e noto scultore romano Antonio Zannini, volle farsi fotografare con il direttore della struttura. Disse che i bei ricordi di quella stupenda giornata trascorsa a Montecalvo, una volta in America, voleva sempre averli vivi anche visivamente. Dopo la lunga visita a Montecalvo, che la mamma di Sir Pappano definì “paese pulito e ordinato, abitato da gente di gran cuore”, verso le otto di sera, la signora Maria Carmela si congedò da me, ringraziandomi per la disponibilità e facendosi promettere che le avrei inviato in America (dove sarebbe ritornata il giorno successivo al nostro incontro), a Bridgeport, le foto e il libro al momento della stampa. Promessa fatta, che, certamente, manterrò. 

Ecco una brevissima nota sul Maestro Pappano, ripresa da un lungo articolo di Donatella Longobardi (apparso sul quotidiano IL MATTINO, nella pagina degli Spettacoli, sabato 20 agosto 2005): < “La mia italianità? E’ fondamentale”. Antonio Pappano, Tony per gli amici, si sente italiano fino in fondo. La sua lingua è colta e fluente, inframmezzata da qualche termine dal sapore brookliniano. Parla con calma, sicurezza, la stessa che evidentemente infonde ai suoi orchestrali quando sale sul podio. Nato a Londra da genitori provenienti da Castelfranco in Miscano, un piccolo paese in provincia di Benevento, cresciuto anche artisticamente negli Stati Uniti ma senza mai frequentare un Conservatorio, oggi è uno dei divi della bacchetta più ricercati. Dal 2002 direttore musicale della Royal Opera House di Covent Garden, da ottobre 2005 sarà direttore stabile a Santa Cecilia al posto di Myung Whun Ch’unge>. Il padre di Antonio Pappano, morto nel 2004, tumulato prima nel cimitero di Castelfranco, fu, successivamente, per volere della moglie, riportato in America, precisamente a Bridgeport. In piena estate il Maestro mantiene fede ad una promessa fatta al papà in punto di morte: in agosto, mese del decesso del genitore, il virtuoso della tastiera e della direzione d’orchestra, esegue un gradito e applaudito concerto pubblico, con la partecipazione di migliaia di melomani provenienti, anche con autobus, da tutta la Campania e da fuori regione. All’inizio e per sette anni, l’esibizione avveniva nella chiesa di San Giovanni Battista (Patrono del paese). Dal 2010, come riferito dal sindaco avv. Antonio Pio Morcone (eletto il 13 aprile 2010 in una lista civica), fu scelta un’altra sede, la piazza centrale del paese, per l’esecuzione delle musiche. Ciò per favorire la partecipazione di tutti. Prima, il concerto, al chiuso, era riservato, su invito, ad una scelta “élite”. Oggi, invece, il popolo tutto può godere dei virtuosismi della musica eseguita e diretta da Antonio Pappano. L’organizzazione, all’aperto, mette a disposizione degli ospiti centinaia di poltroncine per godere, seduti, la musica divina degli orchestrali diretti da Sir Pappano, quasi sempre quelli di Santa Cecilia di Roma.

In occasione del IX “I remember – Memorial Pasquale Pappano”, organizzato il 12 agosto del 2012 dal Comune e dall’Associazione Pro Musica di Castelfranco (responsabili il Dr. Michele del Vecchio e la dirigente scolastica dottoressa Marisa Capobianco), il maestro Antonio Pappano fu nominato, con la consegna di una targa–ricordo, “Direttore onorario” del Conservatorio di Musica “Nicola Sala” di Benevento (all’epoca ne erano Presidente il collega giornalista Achille Mottola e direttrice l’irpina dottoressa Gabriella della Sala). La signora Maria Carmela, nel corso del nostro rendez‐vous montecalvese, mi pregò di evidenziare che gli “incontri” castelfranchesi hanno raggiunto l’importanza di oggi grazie anche all’impegno di Orazio del Vecchio, marito della preside Capobianco.

Domenica, 12 agosto 2012, l’Orchestra del Conservatorio beneventano (per l’occasione al posto di quella di Santa Cecilia), formata da studenti e insegnanti, magistralmente diretta da Pappano (con l’assistenza del Maestro Francesco Ivan Ciampa) eseguì, applauditissima, il seguente repertorio: l’Ouverture in do min. op. 62 dal “Coriolano” di Beethoven; la Carmen Suite di

Bizet e, in chiusura, il Bolero di Ravel. Nell’intermezzo ci fu l’esibizione del tenore Enzo Errico, che eseguì, accompagnato al piano con coinvolgenti virtuosismi dal maestro Pappano, brani d’opera e classici della canzone napoletana. In un intervallo della esibizione, all’emerito concertista, il sindaco del paese sannita, avvocato Antonio Pio Morcone, consegnò una “bacchetta”, anche se Pappano usa dirigere senza il “legnetto” (1), appositamente realizzata da un ebanista locale con legno di un albero di ulivo della campagna castelfranchese, contenuta in un cofanetto su cui, in modo stilizzato, era stata realizzata la bandiera italiana “ricavata” con pietre preziose: smeraldi, diamanti, rubini.

Il 7 maggio 2012, il Presidente della  Repubblica Giorgio Napolitano conferì al Maestro Pappano l’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”.

 

– PERCHÉ SENZA BACCHETTA? In un’intervista del 2003 concessa a Cecilia Rivers, a proposito del non uso della bacchetta durante la direzione, Pappano, ad una specifica domanda dell’intervistatrice, così rispose: “Durante un concerto con la London Symphony Orchestra ho voluto fare l’esperimento di non usarla. A una prova me l’ero dimenticata e allora ho notato che le mani sono molto espressive; e che quando la destra afferra una bacchetta la mobilità è limitata. Così ho cercato di lasciar parlare entrambe le mani. Devo ammettere che ero spaventato perché la bacchetta è pur sempre qualcosa a cui attaccarsi e credo che finirò per trovare una combinazione fra le due opzioni. Senza bacchetta il suono è molto più bello!

Castelfranco in Miascano, 12 agosto 2012: un momento del Concerto del M° Sir Tony Pappano in occasione del IX “I Remember – Memorial Pasquale Pappano”. Foto dott. Paolo Aucelli.

NOMINA A SIR – Il Maestro Antonio Pappano, a Londra, in occasione del Capodanno 2012, ricevette dalla Regina Elisabetta un “prezioso” regalo: la nomina a “Sir” con la motivazione “per il suo servizio nei confronti della musica”. Sir Tony in Inghilterra è sempre stato una vera star. Dal 2002 è direttore musicale della Royal Opera House di Covent Garden a Londra dove, in occasione della nomina a baronetto, stava dirigendo con grandissimo successo, forte dell’esperienza maturata al Festival wagneriano di Bayreuth, i “Cantori di Norimberga”, trasmesso, il 1 gennaio 2012, in diretta dalla BBC. Dal 14 gennaio 2012 Tony Pappano, a Roma, fu tra i protagonisti del mese dedicato a Mozart dal Santa Cecilia. Diresse il Requiem e tenne un concerto con uno dei più grandi pianisti, Maurizio Pollini, per omaggiarlo e festeggiare insieme i settant’anni del virtuoso della tastiera (Cfr. Donatella Longobardi, “A Londra Pappano nominato baronetto dalla Regina”, Il Mattino, lunedì 2 gennaio 2012).

Il maestro, al centro, in compagnia della mamma e del fratello Fabrizio.

Sir Tony con le “insegne” di Baronetto, conferitegli dalla regina Elisabetta d’Inghilterra.

Gruppo di famiglia. Da sinistra: Fabrizio Pappano, lady Pamela Pappano, il M.o Tony e la madre.

Fonte delle tre foto: Maria Carmela Pappano Scinto. 

Il Mattino del 3 gennaio 2012.

 

Il Mattino del 4 gennaio 2012.


 

CURIOSITÀ – Castelfranco in Miscano, in Provincia di Benevento, è comune montano: altezza

s. l. m. m 760 (escursione altimetrica: minima 409, massima 950 m s. l. m.). Situato nel Fortore, con una superficie territoriale di 43,14 kmq e 964 abitanti. Nel 1965 diventò “famoso” perché nel suo territorio furono interamente girate le scene del film western “Per qualche dollaro in più” di Sergio Leone, con protagonista principale Clint Eastwood, “ambientato” a El Paso (Texas). “Per qualche dollaro in più” è il secondo film della cosiddetta “trilogia del dollaro” insieme a “Per un pugno di dollari” (1964) e “Il buono, il brutto, il cattivo” (1966) di Sergio Leone e interpretati, tra gli altri, da Clint Eastwood, Gian Maria Volonté e Lee Van Cleef. Il comune sannita è “gemellato”, proprio per le riprese del film che ebbero luogo nel 1965, con quello americano di El Paso.

Testo tratto dal capitolo “I Montecalvesi sulla cresta dell’onda” del libro di Mario Aucelli “Il Corpo, la Mente, lo Spirito” di imminente pubblicazione.

Questo articolo è uscito il 14 ottobre 2012 sul quotidiano Corriere dell’Irpinia di Avellino ed è sul sito www.angelosiciliano.com con l’accordo dell’autore.

Montecalvo, 21 sett. 2012                                                   

Resto ammirato di fronte alla produzione poetica, artistica e antropologica di Angelo (all’anagrafe Angelomaria) Siciliano, nato a Montecalvo nel 1946, e che, da una vita ormai, ha abbandonato con il “corpo” l’Irpinia. Nel 1965, infatti, aveva preso la strada per Napoli, in attesa di laurearsi alla “Federico II” in economia, poi il servizio militare, e dal 1973 si è trasferito a Trento, dove ha insegnato negli Istituti superiori e tutt’ora vive con la sua famiglia. Egli appartiene, dunque, pienamente a quelli che abbiamo definito i “poeti della diaspora”. Del resto, lo stesso Siciliano, nella “Premessa” ad un fascicolo autoprodotto ed edito in quindici copie nel 2010, scrive: “Pur vivendo a Trento dal 1973, idealmente non mi sono mai separato dalla mia terra natale, Montecalvo e l’Irpinia. Solido permane il senso d’appartenenza alla civiltà mediterranea”. Detto questo, occorre anche un’altra precisazione. Il percorso intellettuale e umano di Angelo Siciliano è così ricco, che non può essere sintetizzato in poche formule, e così, pur essendo poeta brillante in lingua, oltre che pittore sperimentale da sempre, ho voluto privilegiare una lettura “dialettale” per uno straordinario libro di cui parlerò a breve. La sua esperienza intellettuale ha inizio con Versi biologici (1977), cui seguono le poesie di Tra l’albero di Giuda e quello del Perdono (1987). Sono due raccolte di componimenti in italiano, che dimostrano un’eleganza e un’ispirazione non comuni, che richiamano alla memoria la migliore produzione dei poeti del Sud, da Scotellaro ad Alfonso Gatto, per arrivare agli autori della nostra Irpinia. Ed ecco alcuni versi di un canto straordinario tratto dalla seconda plaquette: “Il Sud non è morto. Ancora no! / Lo affermiamo, noi della diaspora. / Riponete, i funebri paramenti, / ricacciate le Arpie, / non vengano ancelle dolenti, / non preparate vettovaglie:/ il consòlo non è per questi tempi” (da “Il Sud non è morto”). La poesia meridionalista di Angelo Siciliano si fa, inoltre, civile in altri componimenti, in cui si racconta l’emigrazione degli uomini del Sud, le stragi nere, la corruzione e l’impotenza della politica, la distruzione della natura, la guerra imperialistica, la giustizia che è deficitaria, la crisi delle idee, l’ingiustizia sociale. Un omaggio bellissimo è ai contadini del Sud, alle madri contadine, alla propria madre e al proprio padre, presente in queste raccolte e dunque negli altri volumi, le antologie poetiche cui ha collaborato (Controparole, 1993; Tempi moderni, 2001; Fermenti, 2004; Antologia italiana, 2006), le raccolte edite e i fascicoli autoprodotti, con poesie in italiano e in dialetto montecalvese (Dediche, raccolta poetica, 1994; Trittico dell’abbondanza, fascicolo, 2004; Munticàlivu ‘mpónt’a lu siérru, fascicolo, 2006; Trilogia dell’abbandono, fascicolo, 2006; Versi famigliari, fascicolo, 2010), soprattutto un capolavoro nel suo genere, che è “Lo zio d’America. Poesie, cunti, nenie, ballate e detti in dialetto irpino, di Montecalvo Irpino (Av) con una raccolta di maledizioni – illustrazioni d’autore”, Prefazione di Mario Sorrentino, Casa Editrice Menna, Avellino, 1988. Tra l’altro, questa pubblicata è solo una parte della produzione culturale quarantennale di Angelo Siciliano, come chiarisce in una lettera privata inviatami da Zell (Trento) il 12 novembre 2010: “Avrei pronte 3-4 raccolte in lingua, mentre in vernacolo irpino sono 10-12 i libri pubblicabili”. Dunque, un posto rilevante, ma non esclusivo, è occupato dalla produzione dialettale, che trova la prima opera matura e probabilmente più organica nel citato Lo zio d’America. L’obiettivo di Siciliano era, appunto, di recuperare la memoria, in modo per così dire filologico, cioè riportando alla luce non solo la civiltà contadina, ma anche la lingua di questi uomini, che ha subito un mutamento e un declino irreversibile a partire dagli anni Sessanta. Accanto ai versi propriamente legati al mondo contadino, alcuni dei componimenti presenti nel libro sono anche un tentativo di scrivere “versi moderni dialettali” e, aggiunge lo scrittore, “anche se essi paiono in stretta relazione con la mia poesia in lingua, mi auguro possano essere considerati un modo di come il dialetto irpino può rendere forma e contenuti ispirati alla vita di oggi” (dalla “Premessa”, 14). Mario Sorrentino individua nell’Introduzione tre sezioni differenti, la prima, di “rievocazione elegiaca”, la seconda, “lirica”, la terza, “civile” – per la quale opportunamente richiama Scotellaro e Silone –, e analizza accuratamente la metrica, parlando a proposito “di narrazioni in prosa ritmica scandite da pause logico-sintattiche (paralleli illustri sono la prosodia epica germanica – ma quella è allitterativa – e russa – non allitterativa, quindi maggiormente somigliante)” (p. 9). Lo zio d’America racconta, dunque, in “prosa ritmica” un’epopea popolare dei cittadini di Montecalvo come di tutti i meridionali, e quindi l’emigrazione a partire dalla fine dell’Ottocento (condensata nella prima sezione “L’emigrazione e il contesto complessivo”), gli affetti, la morte, il mondo religioso e “magico” (“Canti funebri, religione, magia, miti, detti e malisintenzie”), e quindi argomenti di maggiore impegno sociale (“Proiezioni possibili: ballate, liriche e poesie civili”). Tra le più toccanti della raccolta si segnalano “Cantu dulurosu” (“Canto doloroso”), “Com’agghja fa, tatillu miu” (“Come farò, padre mio”), “Figliu miju, tisoru miju” (“Figlio mio, tesoro mio”), o ancora colpiscono per efficacia le poesie dedicate agli emigranti in Svizzera, al padre, al nonno, alla madre, alle madri del Sud. Ecco alcuni versi: “T’addummànnunu di quiddru / figliu luntanu, e tu / mancu ti piénzi, / ca pur’iddru téne nu panaru / chjìnu di frutti / ca so’ bèll’a bidéni, / ma so’ amari” (“Ti domandano di quel / figlio lontano, e tu / neanche ti immagini, / che pure lui ha un paniere / pieno di frutti / che sono belli a vedere, / ma sono amari”, da “Ohji ma’” = “Ohi ma’”, con temi che fanno pensare ad Antonio La Penna); “Pàtrimu” (“Padre mio”), che sembra richiamare analoghe poesie di Rocco Scotellaro, “Na mamma di lu Sud” (“Una madre del Sud”), che rimanda alla mente un poemetto struggente di Giuseppe Saggese. Ecco l’incipit di questa poesia: “T’abbalisci ‘nd’à ‘ssi ttèrre! / Chi ti lu ffà ffà! / T’accìdi l’àlima. Mancu si tinissi / figlie ancora da mmaritàni!” (“Patisci in coteste terre! / Chi te lo fa fare! / Tu uccidi la tua anima. Neanche avessi / figlie ancora da maritare!”). In questi componimenti, come negli altri in italiano, vi è il segno di una grande testimonianza per un Sud che appare “maledetto” e che non vuole morire, che non deve morire, che deve reagire. Quest’opera è il frutto di una dolorosa diaspora, di un “tradimento” – il leitmotiv degli intellettuali sradicati fuggiti al Nord – nei confronti dei padri, delle madri, della terra, è il frutto di uno sradicamento che seppure ha prodotto una vita ricca di soddisfazioni personali e intellettuali, tuttavia non ha sanato una mancanza nostalgica. Angelo Siciliano, con il grande “monumento” che ha innalzato, un tributo d’amore alla sua terra d’Irpinia, dimostra di essere rimasto qui con il cuore, spesso anche con la mente. Le sue idee, i suoi sogni, le sue emozioni rivivono qui come a Trento e dimostrano che siamo sotto lo stesso cielo, uomini in attesa di un mondo migliore che non rinneghi il passato. * Paolo Saggese, critico letterario, sta scrivendo la Storia della poesia irpina in più volumi. È fondatore e animatore del CDPS (Centro di Documentazione sulla poesia del Sud) creato a Nusco nel 2004, la cui voce è la rivista Poesia Meridiana – Spazi e luoghi letterari per i Paesi Mediterranei e per i sud del mondo. (Questo testo, uscito sul quotidiano Ottopagine di Avellino il 19 gennaio 2011, è nel sitohttp://www.angelosiciliano.com).{jcomments on}

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